martedì 8 luglio 2014

TMA - prima tappa, primo giorno

In assetto emergenza equipaggio andiamo io e il buon Fede, strappato dal suo contender per qualche giorno. A Marotta troviamo le solite facce amiche e arriviamo senza particolari difficoltà, nonostante il cedimento strutturale della signorina Tom: ormai conosco la strada, cosa che posso dire solo di sette o otto  luoghi al mondo. 
(che tra l’altro sono quasi tutti pub, per lo più in Inghilterra)
Il piano di guerra è il seguente:
  1. saluti e convenevoli atti a ingraziarci 2 o 3 persone massicce per scaricare
  2. scaricare
  3. far sparire auto e  carro dalla zona pedonale.

Io in particolare, con lampo di genio e astuzia, porto l’auto direttamente alla piazzola del campeggio dove dormiamo, visto che di parcheggi, il sabato mattina a Marotta, sembra proprio che non ce ne siano. Astutissimo.
Il campeggio è un po’ anni 70, ma tutto sommato carino. Peccato che la nostra piazzola sia l’unica non erbosa del circondario…
Tornando alla parte sportiva, armiamo e centriamo il palo con precisissima precisione, mettiamo su le north strafighe e andiamo in acqua. Ci sono 6 barche, se si pensa che gli anni passati eravamo più di 10…un po’ triste ma tant’è.
Prima prova, c’è vento da trapezietto moribondo, però siamo ancora lì. Chiudiamo penultimi, c’è poco da stare allegri, l’unica attenuante è il nostro poco affiatamento. Non è che siamo scontenti, semplicemente ci mancano ore di volo, e non si può cavare il sangue dalle rape.
Le successive due prove sono un doloroso stillicidio sbandato sottovento, in cui per due volte ci riducono il percorso al primo giro. Riusciamo a migliorare un po’: di bolina limitiamo i danni come possiamo –e possiamo veramente poco- di poppa riprendiamo sempre qualcosa. Alla fine sono un 4 e un 5. Di poppa scendiamo veramente bene. Se non altro.
che improbabili facce da velisti seri...
A terra ci ritroviamo a dover combattere con i problemi della vita reale, e il miraggio di una birra a bordo piscina sembra molto ma molto lontano. Prima c’è da montare il campo base in quella specie di pietraia che è la nostra piazzola. Scopriamo con una certa curiosità che siamo a 5,32 metri lineari dalla ferrovia, lo scopriamo perché il diretto Rimini-Ancona delle 18:41 interrompe col suo frastuono le nostre chiacchiere per trenta secondi buoni. Seguono successivi trenta secondi di silenzio imbarazzato, un silenzio pieno di cose non dette e di domande non fatte. In particolare la domanda è “quanti treni passano per Marotta di notte?”
La risposta è tanti, inclusi i treni merci. A tutte le ore se ci tenete a saperlo, ed anche ad alcune mezzore critiche.
Ma questo lo scopriremo poi. Nel frattempo finiamo di montare il nostro campo base (tenda luna autoesplodente per me, puzzle di 250 pezzi per lui, inclusi nella confezione: ago filo e colla), il giaciglio (materasso due piazze gonfiabile per me, ultrasottile/ultrascomodo in poliuretano per lui) e finalmente, meritatamente ci beviamo sta benedetta birra+patatine (moretti per lui, sconosciuta polacca con la parola brau nel nome per me).
Dopodichè cena: il vela club Marotta si esprime al meglio con i primi e ci propina una pasta pescettosa niente male, seguita da un set variegato di dolci e dolcetti e vinsanto. Ci alziamo 3 ore dopo, barcollando.
Per chiudere in bellezza Mohito in locale giovane (dove siamo quasi fuori luogo, ci salvano le infradito da velista) e a nanna, che tra un po’ passa l’intercity notte per Venezia.


Domani gliela facciamo vedere, sempre che ci sia vento.

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