Che siccome
l’armatore non aveva voglia di sbattersi a sistemare la barca da regata e
smontare il frullaprua, perché ormai abbiamo una certa età, perché la crisi ci
piega tutti, perché perché perché, giustamente ci siamo ritrovati su un B25 a
prestito per fare l’invernale minialtura. Giusto perché non volevamo fare cose
faticose. Insomma, dopo l’autunnale a 3 cilindri sfiatati del CNP, ci
ritroviamo tutti duri e puri, cerate salate e tensiometri sui barchini. Della
Strega siamo in tre, il timoniere e il reparto prua, anche se per necessità io
sono stato riconvertito a randista. Qualcosa del genere:
CAPO
TIMONANTE: “Corrà, ma tu c’hai il laser vero?”
IO: ehm…si…
CT: ok, alla
randa.
IO: vabbè…
(ed è lì che
ti rivengono in mente tutte le volte che in pozzetto alzando gli occhi al cielo
e guardando quel triangolo di stoffa te ne uscivi stentoreo con un “mah.. io di
rande non ci ho mai capito una ceppa!”)
Ah
dimenticavo c’è stato ventone. Per tutti e due i giorni. Sto scrivendo solo con
gli indici, dolorosamente.
Sabato, primo
giorno, è prevista una roba tranquilla. Ci sono in verità 15-20 nodi nei
momenti migliori, e come da tradizione ci rimolliamo due o tre straorze, tanto
per ricordare su che barca siamo. La prima prova tiriamo la partenza,
bordeggiamo discretamente ma non abbastanza (assetto leggero e vento forte =
niente angolo) facciamo delle poppe da paura. Di poppa ne passiamo tipo 3 a
volta, di bolina le riperdiamo. Arriviamo in mezzo ma abbastanza davanti, salvo
poi scoprire che siamo OCS. Il buon Remo, interrogato in proposito, fischietta un
melanconico tango.
Durante la
pausa tiriamo le sartie, mettiamo il pesante e ci facciamo l’estrema unzione
con l’olio nuovo (del resto siamo a novembre). Effettivamente partiamo un po’
meglio (dentro soprattutto!) ma la prima bolina la passiamo nella mollana
(ovvero circa 10 nodi) e gli altri scappano. Tanto li riprendiamo di poppa:
complice un’ ammainata fantasiosa e repentina ne infiliamo un paio in boa, e
poi per marcarli torniamo dalla parte sbagliata del campo dove abbiamo
bordeggiato prima. Scelta consapevole, meglio tenere questi che rischiare la
sorte, non totalmente condivisa ma consapevole. Ultimo bordo di poppa è un
monobordo piuttosto stretto, dove ovviamente ci impegniamo a non finire
all’orza al grido di guerra di “Molla il vaaaang!” . Allo
stacchetto finale riusciamo a rollare la streghetta, la prima barca, lei. Non
so che rating abbia oggi, comunque la freghiamo di un metro, ed è quello
che conta. Ci ho lasciato il cuore su quella barca, mi è dispiaciuto
minacciarli ai sensi della regola 19.
A terra la
scuffia si supera: pasta, vino e dolce finale, ma soprattutto un atmosfera “di
famiglia” che da questo lato del fiume mancava da un po’.
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