L’atteggiamento figo dei marinai cazzuti…quasi quasi sembriamo due pescatori bretoni… |
Domenica, ancora impossibilitato a bagnare le mie estremità, ne ho approfittato per tornare sul barconaltura per una bella regata per aspiranti oceanici in doppio: La ben nota “Pescara quàdavant race”. I migliori skipper del porto si sono dati appuntamento per misurarsi e confrontarsi, e per farsi delle belle bevute di prosecco durante il bordo di ritorno.
La cosa triste della giornata è che si regatava a tempi compensati.
La cosa tristissima è che avevamo la barca in assetto crociera: alghe, pentole, cuscini, vele sfiga e pure la tovaglia sul tavolo.
La cosa ancor più tristissima è che a causa di un feroce disguido ci hanno inserito in classe regata senza possibilità di appello.
La regata era uno strano percorso triangolare olimpico che per puro caso è uscito esattamente al vento, quindi triangolo olimpico vero e proprio. Partiamo, bolina e giretti vari, e già nella prima metà i veri regatosi, con tanto di carbonio e viti in titanio, ci hanno rollato o quasi. Vabbè, con spirito olimpico (visto il percorso) ci godiamo la navigazione: autopilota e sigaro toscano per il capitano, cambio di spinnaker per me. Be’ se non altro ci sono 12-14 nodi, si va che è un piacere, c’è pure il sole dopo giorni di maltempo.
Ma siccome che siamo dei cazzutissimi marinai double-handed e in queste regate qui non sei nessuno se non attraversi le calme equatoriali, alla boa di poppa ci piantiamo con 1 nodo residuo e ci rimaniamo per 5 (dico 5) minuti mentre le altre inspiegabili barche, davanti a noi di 100 metri vanno in giro sbandate: che dilettanti!
Ma siccome che siamo ancora più cazzutissimi e in queste regate non sei nessuno se non hai almeno un avaria, noi rompiamo l’autopilota, che in assoluto è la migliore e la più tradizionale delle avarie per gli equipaggi ridotti!
Il capitano costretto al timone dalle numerose avarie. Io cerco di darmi un tono scarrellando la randa |
Come il grande Simone Gesi, che ha timonato per un intera tappa della Minitransat, anche noi siamo costretti a timonare per ben 2,3 miglia, perché nel frattempo ci hanno ridotto il percorso, vista la temporanea bonaccia pseudo equatoriale.
Che eroi, eh? |
Per non farci mancare nulla facciamo anche una bella poppa (per davvero! ruoli, io: prodiere e due, Capitano: dea kalì), durante la seconda bolina facciamo pure i cambi al timone dopo un durissimo turno di 15 minuti con 12 redivivi nodi di vento.
Tornati in porto ormeggiamo, sistemiamo la barca e mettiamo a bollire l’acqua (per la serie: visto che ci portiamo dietro il pentolame almeno usiamolo!) si scatena l’inferno, pioggiona, rafficone, max misurato 45 nodi…che giornata! Per fortuna che noi siamo in quadrato, al calduccio e con il fusillo al dente…Ed è in quel momento che mi sono ricordato che ero venuto al porto in bicicletta.
Il mio ritorno a casa, controvento of course |
le foto sono una courtesy Antonello Coppola, che tra l'altro ha avuto la capacità di inquadrarmi in modo che la mia faccia finisse sempre nella C di coppola, ma come avrà fatto?
Nessun commento:
Posta un commento