Per vincere le regate bisogna usare il culo
Ieri pomeriggio, dopo il lavoro, sono andato a portare i miei regalini a Plugin Baby, e poi sono uscito per un oretta scarsa di cinghie. Ad essere onesti la prima mezzora di cinghie, la seconda mezz’ora genuflesso sulla deriva per spremere ogni grammo di velocità dal vento morente, per tornare a terra almeno per cena.
Tralascerò l’orgasmo immediato che ho provato nel sentire il tipico rumorino “cric-cric” quando ho cazzato la scotta, non è questo il momento per raccontarvelo. Invece vi racconto quello che ho fatto in barca. Visto che c’era un vento sui 7-8 nodi e onda ripida dell’Adriatico, mi sono concentrato sulla conduzione di bolina. Non le mani e i filetti, non il timone ma il corpo, e soprattutto le spinte trasmesse dal culo alla barca e viceversa.
L’eurolaserista tonante tempo fa mi spiegava come muovere il corpo per lavorare la barca sulle onde. Detto in due parole il segreto è di essere molto “rigidi” nel contatto gambe-piedi-cinghie e di cercare di “spostare” la barca col sedere. In pratica come cercare di muovere una sedia a destra e sinistra standoci seduto sopra, senza puntare i piedi per terra. Bisogna dare delle belle spinte, non sono movimenti morbidi. Ieri ho provato, finché il vento e la rotta lo permettevano. Ho imparato alcune cosette:
Ieri pomeriggio, dopo il lavoro, sono andato a portare i miei regalini a Plugin Baby, e poi sono uscito per un oretta scarsa di cinghie. Ad essere onesti la prima mezzora di cinghie, la seconda mezz’ora genuflesso sulla deriva per spremere ogni grammo di velocità dal vento morente, per tornare a terra almeno per cena.
Tralascerò l’orgasmo immediato che ho provato nel sentire il tipico rumorino “cric-cric” quando ho cazzato la scotta, non è questo il momento per raccontarvelo. Invece vi racconto quello che ho fatto in barca. Visto che c’era un vento sui 7-8 nodi e onda ripida dell’Adriatico, mi sono concentrato sulla conduzione di bolina. Non le mani e i filetti, non il timone ma il corpo, e soprattutto le spinte trasmesse dal culo alla barca e viceversa.
L’eurolaserista tonante tempo fa mi spiegava come muovere il corpo per lavorare la barca sulle onde. Detto in due parole il segreto è di essere molto “rigidi” nel contatto gambe-piedi-cinghie e di cercare di “spostare” la barca col sedere. In pratica come cercare di muovere una sedia a destra e sinistra standoci seduto sopra, senza puntare i piedi per terra. Bisogna dare delle belle spinte, non sono movimenti morbidi. Ieri ho provato, finché il vento e la rotta lo permettevano. Ho imparato alcune cosette:
- la rigidezza del contatto piedi cinghie è importantissima, perché tu dai la culata, ma per smuovere la barca devi fare leva sui piedi e se non siete rigidi si perde tutto per strada, tra femori e ginocchia.
- Più sale il vento, più devi stare piatto con il corpo sull’acqua, più diventa difficile spingere, ci vuole più forza per ottenere il medesimo effetto. E naturalmente, quando sale il vento, l’effetto richiesto è maggiore. Insomma ti devi fare un culo a capanna, per fare ‘sto gioco qui.
- L’onda corta e ripida è veramente difficile da gestire. Passi bene la prima, decentemente la seconda, vai fuori tempo sulla terza, senza speranze. Io inizio a ragionare quando le onde sono lunghe almeno metà della barca.
- È piuttosto difficile disaccoppiare movimenti del busto dai movimenti delle mani. Un po’ come suonare la batteria, ma con un po’ (molta in verità) di pratica si riesce.
Vediamo se domenica in regata riesco a tirare fuori qualcosa di buono da tutto questo lavoro. Il mio solito avversario di riferimento non ci sarà, quindi dovrò vedere se accorcio le distanze dal gruppo di testa…
Eccomi ripreso in una delicata fase della regata scorsa, mentre studio la tattica degli atleti in odore di podio durante la seconda bolina
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