In assetto
emergenza equipaggio andiamo io e il buon Fede, strappato dal suo contender per
qualche giorno. A Marotta troviamo le solite facce amiche e arriviamo senza
particolari difficoltà, nonostante il cedimento strutturale della signorina
Tom: ormai conosco la strada, cosa che posso dire solo di sette o otto luoghi al mondo.
(che tra l’altro
sono quasi tutti pub, per lo più in Inghilterra)
Il piano di guerra è il seguente:
- saluti e
convenevoli atti a ingraziarci 2 o 3 persone massicce per scaricare
- scaricare
- far sparire
auto e carro dalla zona pedonale.
Io in
particolare, con lampo di genio e astuzia, porto l’auto direttamente alla
piazzola del campeggio dove dormiamo, visto che di parcheggi, il sabato mattina
a Marotta, sembra proprio che non ce ne siano. Astutissimo.
Il campeggio
è un po’ anni 70, ma tutto sommato carino. Peccato che la nostra piazzola sia l’unica
non erbosa del circondario…
Tornando alla
parte sportiva, armiamo e centriamo il palo con precisissima precisione,
mettiamo su le north strafighe e andiamo in acqua. Ci sono 6 barche, se si
pensa che gli anni passati eravamo più di 10…un po’ triste ma tant’è.
Prima prova,
c’è vento da trapezietto moribondo, però siamo ancora lì. Chiudiamo penultimi,
c’è poco da stare allegri, l’unica attenuante è il nostro poco affiatamento.
Non è che siamo scontenti, semplicemente ci mancano ore di volo, e non si può
cavare il sangue dalle rape.
Le successive
due prove sono un doloroso stillicidio sbandato sottovento, in cui per due
volte ci riducono il percorso al primo giro. Riusciamo a migliorare un po’: di
bolina limitiamo i danni come possiamo –e possiamo veramente poco- di poppa
riprendiamo sempre qualcosa. Alla fine sono un 4 e un 5. Di poppa scendiamo
veramente bene. Se non altro.
|
che improbabili facce da velisti seri... |
A terra ci
ritroviamo a dover combattere con i problemi della vita reale, e il miraggio di
una birra a bordo piscina sembra molto ma molto lontano. Prima c’è da montare
il campo base in quella specie di pietraia che è la nostra piazzola. Scopriamo
con una certa curiosità che siamo a 5,32 metri lineari dalla ferrovia, lo
scopriamo perché il diretto Rimini-Ancona delle 18:41 interrompe col suo frastuono
le nostre chiacchiere per trenta secondi buoni. Seguono successivi trenta
secondi di silenzio imbarazzato, un silenzio pieno di cose non dette e di
domande non fatte. In particolare la domanda è “quanti treni passano per Marotta
di notte?”
La risposta è
tanti, inclusi i treni merci. A tutte le ore se ci tenete a saperlo, ed anche
ad alcune mezzore critiche.
Ma questo lo
scopriremo poi. Nel frattempo finiamo di montare il nostro campo base (tenda
luna autoesplodente per me, puzzle di 250 pezzi per lui, inclusi nella
confezione: ago filo e colla), il giaciglio (materasso due piazze gonfiabile per
me, ultrasottile/ultrascomodo in poliuretano per lui) e finalmente, meritatamente
ci beviamo sta benedetta birra+patatine (moretti per lui, sconosciuta polacca
con la parola brau nel nome per me).
Dopodichè cena:
il vela club Marotta si esprime al meglio con i primi e ci propina una pasta
pescettosa niente male, seguita da un set variegato di dolci e dolcetti e
vinsanto. Ci alziamo 3 ore dopo, barcollando.
Per chiudere in
bellezza Mohito in locale giovane (dove siamo quasi fuori luogo, ci salvano le
infradito da velista) e a nanna, che tra un po’ passa l’intercity notte per Venezia.
Domani gliela
facciamo vedere, sempre che ci sia vento.
Nessun commento:
Posta un commento